La
successione di eventi, progetti, idee e protagonisti che,
nel corso di una trentina danni, hanno portato alla
nascita di Internet e alla sua evoluzione nella forma attuale,
costituisce un capitolo molto affascinante, ma anche atipico,
nella storia dello sviluppo tecnologico. Parte del fascino
è legato al ruolo determinante che questa tecnologia
ha svolto e sta ancora svolgendo nella cosiddetta 'rivoluzione
digitale'.
In pochissimi anni, infatti, la rete, da esoterico strumento
di lavoro per pochi informatici, é divenuta un mezzo
di comunicazione di massa, che coinvolge quotidianamente milioni
di persone in scambi comunicativi privati e pubblici, scientifici
e commerciali, seri e ricreativi.
Nessuno strumento di comunicazione ha mai avuto un tasso di
espansione simile.
Ma altrettanto affascinante è il modo in cui questa
tecnologia è stata sviluppata. E qui entra in gioco
l'atipicità cui facevamo cenno. Come gran parte delle
innovazioni tecnologiche, anche le origini di Internet si
collocano nel terreno della ricerca militare.
Queste sue radici, tuttavia, sono state assai meno documentate
di quanto non sia avvenuto per altre tecnologie, e di quanto
non sia mai stato attestato dalla variopinta storiografia
presente sulla rete.
Una diffusissima leggenda metropolitana, vuole che Internet
sia stata un frutto della guerra fredda strappato ai suoi
destini guerrafondai da un manipolo di visionari e anarchici
hackers (dove a questo termine restituiamo il senso originario
di esperto informatico, in grado di restare giorni interi
davanti ad uno schermo per far fare ad un computer ciò
che ha in mente).
La realtà è stata diversa; eppure, come tutte
le leggende, anche quella appena citata nasconde una sua parte
di verità. Se è vero infatti che il primitivo
impulso allo sviluppo di una rete di comunicazione tra computer
distanti venne da ambienti legati all'amministrazione della
difesa, la maggior parte delle innovazioni che hanno scandito
l'evoluzione della rete sono nate all'interno di libere comunità
di ricerca, quasi del tutto svincolate dal punto di vista
professionale e intellettuale dalle centrali di finanziamento
del progetto.
E ciascuna di queste innovazioni, proprio perché nata
in tali contesti, è divenuta subito patrimonio comune.
Internet insomma è stata sin dall'origine caratterizzata
da un'ampia e soprattutto libera circolazione delle idee e
delle tecnologie. A questo si deve la sua evoluzione, il suo
successo e la sua sempre più determinante influenza
sul modo di vivere odierno.
Il rischio di uninvoluzione di questa natura, semmai,
è assai più vicino oggi. Il successo e la diffusione
planetaria (anche se la visione del pianeta propugnata da
queste statistiche è alquanto sbilanciata verso il
nord industrializzato), hanno infatti attratto enormi interessi
economici e finanziari.
Tutti si affannano a trovare il modo per fare soldi con Internet
e, naturalmente, per far soldi occorre impedire che le risorse
circolino gratuitamente. Questo non vuol dire che la rete
sia necessariamente destinata a divenire una sorta di supermercato
digitale globale.
Né che lo sviluppo commerciale di Internet sia da considerarsi
in sé un male. Ci preme solo ricordare che ciò
che adesso è Internet è il prodotto della libera
circolazione delle idee, della cooperazione intellettuale,
della mancanza di steccati e confini. E che questo lato della
rete deve continuare ad esistere, affinché Internet
mantenga intatto il suo fascino e il suo interesse.
Per fortuna, i naviganti virtuali, anche ora che sono diversi
milioni, continuano a condividere questa nostra convinzione.
La
"preistoria" di Internet |
Ripercorrere
la storia della tecnologia è unattività
complessa. Forte è il rischio di cadere in visioni
semplicistiche, e di concedere troppo ai tentativi di reductio
ad unum. E però anche vero, che raramente
lo sviluppo di una tecnologia e delle sue basi teoriche hanno
un andamento lineare.
Ed è altrettanto vero che quasi mai le sue origini
sono riconducibili ad un solo individuo, ad un unico progetto,
ad un sistema teorico coerente.
Se questo è vero in generale, tanto più lo è
per ciò che oggi chiamiamo Internet. Alla nascita vera
e propria della rete, infatti, hanno contribuito diverse idee
e altrettanti protagonisti, diversi dei quali lo hanno fatto
soltanto in modo indiretto. Vediamo allora di individuare
quali sono state le istanze che nel loro complesso costituiscono
la preistoria di Internet.
Il contesto in cui si colloca questa preistoria é quello
della guerra fredda e della contesa tecnologica
che ne derivò tra Stati Uniti ed Unione Sovietica.
Un evento simbolico di questa contesa fu la messa in orbita
del primo satellite artificiale da parte dei sovietici, lo
Sputnik, nel 1957.
Dopo
il rapido superamento del gap nucleare, questo successo della
tecnologia sovietica seminò nel campo occidentale,
e soprattutto negli USA, una profonda inquietudine. La sicurezza
della supremazia tecnico-militare su cui era fondato l'intero
sistema ideologico americano era stata duramente scossa.
Per cercare di ricacciare immediatamente i timori di una vera
e propria arretratezza, nell'ambito dell'amministrazione USA
si concepì allora l'idea di creare un'agenzia il cui
compito fosse quello di stimolare e finanziare la ricerca
di base in settori che avrebbero potuto avere una ricaduta
militare.
L'idea circolava in varie sedi, ma in particolare fu il Segretario
alla difesa Neil McElroy a convincere il presidente Eisenhower
della necessità che tale agenzia fosse messa alle dipendenze
del Pentagono. Oltre al vantaggio di stimolare l'attività
scientifica con finalità strategiche, essa avrebbe
avuto anche il ruolo di ridurre le tensioni tra le varie armi
nella spartizione dei fondi dedicati a ricerca e sviluppo.
Nonostante l'opposizione delle gerarchie militari, nel 1958
il Congresso approvò la costituzione e il finanziamento
della Advanced Research Projects
Agency, l'ARPA, la cui sede fu stabilita
nell'edificio del Pentagono a Washington. Appena costituita,
l'ARPA indirizzò le sue attività nella ricerca
aerospaziale: in fin dei conti, tutto era cominciato dalla
paura suscitata dal lancio dello Sputnik.
Ma quando pochi mesi dopo tutti i programmi spaziali vennero
trasferiti (insieme agli ingenti finanziamenti) alla neonata
NASA, per i dirigenti dell'ARPA fu necessario trovare una
nuova area di sviluppo.
Tale area fu individuata nella giovane scienza dei calcolatori.
Un impulso decisivo in questa direzione venne dal terzo direttore
dell'agenzia, tale Jack Ruina, il primo scienziato chiamato
a ricoprire quel prestigioso incarico.
Ruina introdusse uno stile di lavoro assai informale, e chiamò
a lavorare con lui colleghi assai bravi ma alquanto fuori
degli schemi militari. Tra questi un ruolo fondamentale fu
svolto da J.C.R. Licklider, uno dei personaggi più
geniali e creativi della storia dell'informatica.
Di
formazione psicologo, Lick (così lo chiamavano i suoi
amici) passò ben presto ad occuparsi di computer nei
laboratori del MIT di Boston. Ma a differenza di tanti altri
ricercatori di questo campo, il suo interesse si rivolse subito
al problema delle interfacce uomo-computer ed al ruolo che
i calcolatori avrebbero potuto avere per lo sviluppo delle
facoltà cognitive e comunicative dell'uomo (ben trenta
anni prima che questi concetti divenissero centrali nel settore
informatico).
Egli espose le sue idee al riguardo in un articolo uscito
nel 1960 intitolato Man-Computer Symbiosis, che
lo rese subito famoso. Appena giunto all'ARPA, iniziò
a creare una rete di collegamenti tra i maggiori centri di
ricerca universitari nel settore informatico, creandosi un
gruppo di collaboratori che battezzò secondo il suo
stile anticonformista Intergalactic Computer Network.
Tra i molti progetti che promosse vi furono lo sviluppo dei
primi sistemi informatici concorrenti basati sul time-sharing
e sulla elaborazione interattiva. Ma in uno dei suoi memorandum
apparve anche per la prima volta l'idea di una rete mondiale
di computer.
Lick rimase molto poco all'ARPA. Ma il suo passaggio lasciò
un segno così profondo da influenzare tutto lo sviluppo
successivo di questa agenzia. Tra le tante eredità,
l'idea di far interagire i computer in una rete fu poi raccolta
da Bob Taylor, giovane e brillante scienziato chiamato dal
successore di Lick, Ivan Sutherland, anche lui proveniente
dal MIT.
Lasciamo
per il momento la storia dell'ARPA, e dei tanti scienziati
(in gran parte provenienti dal MIT) che vi hanno lavorato,
per passare ad un altro dei centri legati alla ricerca militare,
collocato questa volta sulla West Coast: la Rand Corporation.
La Rand era un'azienda californiana nata come costola della
Douglas Aircraft, e resasi autonoma nel dopoguerra allo scopo
di proseguire gli sforzi di ricerca applicata che erano stati
avviati nel corso del secondo conflitto mondiale. Gran parte
dei suoi studi e ricerche erano commissionati dall'aviazione,
e il settore aeronautico costituiva il dominio principale
delle sue attività di ricerca e consulenza.
Nel
1959 venne assunto alla Rand un giovane ingegnere che aveva
lavorato nel settore delle valvole per computer: Paul Baran.
Egli fu inserito nella neonata divisione informatica, dove
si mise a lavorare su un problema che da qualche tempo veniva
studiato dai tecnici della Rand: come riuscire a garantire
che il sistema di comando e controllo strategico dell'esercito
rimanesse, se non intatto, almeno operativo in caso di un
attacco nucleare.
Le reti di comunicazione tradizionali su cui si basava l'intero
apparato di controllo militare, infatti, erano estremamente
vulnerabili. Lavorando su questo problema, Baran giunse a
due conclusioni: la prima era che una rete sicura doveva avere
una configurazione decentralizzata e ridondante, in modo che
esistessero più percorsi possibili lungo i quali far
viaggiare un messaggio da un punto allaltro; la seconda,
legata alla prima, era che il sistema di telecomunicazioni
doveva basarsi sulle nuove macchine di calcolo digitale, in
grado di applicare sistemi di correzione degli errori e scelta
dei canali comunicazione.
Sviluppando
i suoi calcoli Baran aveva elaborato un modello in cui ciascun
nodo fosse collegato ad almeno altri quattro nodi, e nessun
nodo avesse la funzione di concentratore, al contrario di
quanto avveniva per la rete telefonica. In questo modo, ogni
nodo poteva continuare a lavorare, ricevendo, elaborando e
trasmettendo informazioni, anche nel caso in cui alcuni fra
i nodi vicini fossero stati danneggiati.
L'assenza di un nodo centrale inoltre eliminava ogni possibile
obiettivo strategico la cui distruzione avrebbe compromesso
il funzionamento dell'intera rete. Oltre all'idea di una rete
decentrata e ridondante, Baran ebbe anche un'altra intuizione
geniale: piuttosto che inviare un messaggio da un nodo all'altro
come un unico blocco di bit, era meglio dividerlo in parti
separate, che potessero viaggiare attraverso vari percorsi
verso la destinazione, dove sarebbero stati ricomposti.
Convinto della bontà del suo progetto, intorno agli
anni 60 iniziò a pubblicare vari articoli; ma le sue
idee trovarono una decisa opposizione, soprattutto da parte
di quella che avrebbe dovuto esserne la principale destinataria:
la AT&T, monopolista delle telecomunicazioni. Dopo vari
tentativi di convincere i tecnici del colosso industriale
a prendere in esame il progetto, nel 1965 Baran si diede per
vinto e si dedicò su altri progetti.
Donald
Davies ed il packet switching |
Proprio
in quegli anni, in modo del tutto indipendente, un fisico
inglese che lavorava al National Physical Laboratory, Donald
Davies,
era giunto a conclusioni assai simili a quelle di Baran, seppur
partendo da premesse diverse.
Il suo problema, infatti, era la creazione di una rete pubblica
abbastanza veloce ed efficiente da mettere a disposizione
le capacità di elaborazione interattiva dei computer
di seconda generazione anche a distanza, senza che le differenze
di sistema operativo condizionassero la comunicazione.
La soluzione trovata da Davies si basava sull'idea di suddividere
i messaggi da inviare in blocchi uniformi: in questo modo
un computer avrebbe potuto gestire l'invio e la ricezione
di molti messaggi contemporaneamente suddividendo il tempo
di elaborazione per ciascun messaggio in ragione dei blocchi
di dati.
Egli ebbe l'idea di denominare tali parti di messaggio pacchetto
(packet), ed il sistema di comunicazione commutazione
di pacchetto (packet switching), alternativa
alla commutazione di circuito su cui si basavano
i sistemi telefonici tradizionali (...).
Tutte queste idee ed intuizioni teoriche, elaborate in sedi
diverse e indipendenti, confluirono pochi anni dopo nel progetto
Arpanet, la progenitrice di Internet.
Bob
Taylor, Larry Roberts e lideazione di Arpanet |
Bob
Taylor si era brillantemente laureato in psicologia e matematica,
preparando unottima tesi di dottorato in psicoacustica.
Aveva conosciuto Licklider nel 1963, facendo su di lui unottima
impressione, e stabilendo una relazione di amicizia e stima
reciproca.
Per queste ragioni il successore di Lick all'Ufficio Tecniche
di Elaborazione dell'Informazione (IPTO) dell'ARPA, Ivan Sutherland
(il padre della computer graphic), lo chiamò come suo
collaboratore nel 1965. Pochi mesi dopo anche Sutherland si
dimise e Taylor, a soli 34 anni, ne assunse il posto.
Entrando nella sala computer del suo ufficio, Bob si rese
conto in prima persona di quanto assurda fosse l'incomunicabilità
reciproca che quelle possenti e costose macchine presenti
dimostravano.
Possibile non essere in grado di condividere risorse tanto
costose, come Licklider aveva più volte suggerito?
Spinto da questa profonda frustrazione, Taylor si decise a
sottoporre al direttore dell'agenzia, Charles Herzfeld, il
finanziamento di un progetto volto a consentire la comunicazione
e lo scambio di risorse tra i computer dei vari laboratori
universitari finanziati dall'agenzia.
Il
progetto, che avrebbe consentito allagenzia di risparmiare
un sacco di fondi, fu naturalmente approvato e lo scienziato
ebbe carta bianca. Iniziò così la storia di
Arpanet, la rete dell'ARPA.
Come prima mossa, Taylor decise di chiamare a sovraintendere
agli aspetti tecnici del progetto un giovane e geniale informatico
che aveva conosciuto al MIT, Larry Roberts. Dopo
un iniziale rifiuto, Roberts accolse l'invito e si mise subito
al lavoro prendendo contatto con i migliori colleghi disponibili
sulla piazza, tra cui Frank Heart, il massimo esperto di elaborazione
in tempo reale.
Per molti mesi, però, il problema di progettare una
rete abbastanza affidabile e veloce da permettere l'elaborazione
interattiva a distanza rimase insoluto. Questo finché,
verso la fine del 1967, Roberts partecipò ad una conferenza
alla quale intervenne un collaboratore di Donald Davies, che
illustrò il principio della commutazione di pacchetto,
facendo anche riferimento ai lavori precedenti di Baran su
questo tema.
Per gli uomini dellARPA, fu come trovare l'ago nel pagliaio.
Nel giro di sei mesi, Roberts elaborò le specifiche
di progetto della rete, facendovi confluire tutte quelle idee
che erano rimaste nell'aria per oltre un decennio.
La rete dell'ARPA sarebbe stata una rete a commutazione di
pacchetto in tempo reale.
Per migliorarne l'efficienza e l'affidabilità, Roberts
accolse nel suo progetto una idea di Wesley Clark: piuttosto
che collegare direttamente i vari grandi computer, ogni nodo
sarebbe stato gestito da un computer specializzato, dedicato
alla gestione del traffico (battezzato Interface Message
Processor, IMP) al quale sarebbe stato connesso il computer
che ospitava i veri e propri servizi di elaborazione.
Dunque, se è vero che il progetto della rete nacque
in un contesto militare, la diffusa opinione che essa dovesse
fungere da strumento di comunicazione sicuro tra i centri
di comando militari nell'evenienza di una guerra nucleare
è frutto di un equivoco storiografico. L'obiettivo
perseguito da Bob Taylor, in realtà, era quello di
aumentare la produttività e la qualità del lavoro
scientifico nei centri finanziati dall'ARPA, permettendo ai
ricercatori universitari di comunicare e di condividere le
risorse informatiche, a quei tempi costosissime e di difficile
manutenzione.
Parte dell'equivoco circa le origini belliche della rete deriva
dal fatto che nella stesura delle specifiche, Larry Roberts
riprese le idee elaborate da Baran all'inizio degli anni 60.
Anno
1969: Arpanet, dalla teoria alla sperimentazione |
La
fase esecutiva del progetto Arpanet prese il via nel 1969.
Dopo una gara di appalto alla quale parteciparono diversi
grandi colossi dell'industria informatica del tempo, la realizzazione
degli IMP (il vero cuore della rete) venne sorprendentemente
assegnata alla Bolt Beranek and Newman (BBN), una piccola
azienda con sede a Cambridge, la cittadina nei pressi di Boston
dove sorgevano i due istituti universitari più importanti
del paese: Harvard e MIT.
Nel corso degli anni, questa piccola società era divenuta
una specie di terza università, alle cui dipendenze
avevano lavorato tutti i più brillanti ricercatori
di quelle grandi università. Quando venne affidato
l'appalto dell'ARPA, direttore della divisione informatica
era Frank Heart.
Oltre ad essere un valente scienziato, Heart era anche un
ottimo manager. Egli dunque assunse in prima persona la responsabilità
del progetto degli IMP, creando un gruppo di collaboratori
di altissimo livello, tra cui Bob Kahn, uno dei massimi teorici
delle reti di computer dell'epoca, che ebbe un ruolo fondamentale
nella progettazione dell'intera architettura della rete.
Il primo IMP (delle dimensioni di un moderno frigorifero)
fu consegnato alla University of California il due settembre,
e fu immediatamente connesso al grande elaboratore SDS Sigma
7 della UCLA senza alcuna difficoltà. Il primo di ottobre
fu installato il secondo IMP presso lo Stanford Research Institute
(SRI), dove fu collegato ad un mainframe SDS 940.
Il progetto dell'ARPA si era finalmente materializzato in
una vera rete, costituita da due nodi connessi con una linea
dedicata a 50 kbps.
Dopo qualche giorno fu tentato il primo collegamento tra host
facendo simulare al Sigma 7 il comportamento di un terminale
remoto del 940.
L'esperimento, seppure con qualche difficoltà iniziale
(al primo tentativo, una valvola del Sigma 7 andò in
fumo mentre gli scienziati erano appena arrivati a digitare
la lettera g di login), andò
a buon fine, e dimostrò che la rete poteva funzionare.
Nei mesi successivi vennero collegati i nodi dell'Università
di Santa Barbara e dello Utah.
Mentre la BBN si stava occupando dello sviluppo degli IMP,
un'ulteriore fucina di cervelli si stava preoccupando dei
problemi della comunicazione tra host ed IMP e soprattutto
delle possibili applicazioni che la rete avrebbe potuto supportare.
L'ARPA aveva deciso che questo aspetto del progetto fosse
delegato direttamente ai laboratori di ricerca delle università
coinvolte: dopotutto, era un problema loro sapere che cosa
fare della rete, una volta che l'ARPA l'avesse realizzata.
Le
RFC e lo sviluppo dei primi protocolli di rete |
Nei
laboratori di quei tempi, l'età media era assai bassa:
i professori avevano al massimo dieci anni di più degli
studenti ed erano poco più anziani dei dottorandi.
Al fine di coordinare le attività, tutti i giovani
ricercatori coinvolti decisero di costituire un gruppo comune,
che si sarebbe riunito di tanto in tanto per esaminare il
lavoro svolto, e lo battezzarono Network Working
Group (NWG).
Le riunioni del NWG assunsero subito un tono assai informale
e cooperativo. Ogni idea, risorsa e strumento che veniva elaborato
dai primi utenti-creatori della rete, entrava subito in circolo
diventando una ricchezza comune. Uno tra i più attivi
nel gruppo era Steve Crocker, della UCLA, che ne assunse la
direzione.
Ben presto egli si rese conto della necessità di iniziare
a mettere su carta il frutto di tante discussioni.
Fu così che scrisse il primo documento ufficiale del
gruppo, dedicato al problema della comunicazione tra host.
Tuttavia, per non esagerare nell'ufficialità, e indicare
il fatto che quel documento era solo una bozza da rifinire,
Crocker decise di intitolare il suo documento Request
for Comment (RFC), richiesta di commenti.
Questa denominazione dei documenti tecnici è sopravvissuta
alla sua storia, ed è usata ancora oggi per siglare
le specifiche tecniche ufficiali di Internet (è possibile
reperire tutte le RFC allindirizzo http://www.rfc-editor.org).
Il primo risultato prodotto dal NWG alla fine del 1969 era
un rudimentale sistema di terminale remoto, battezzato telnet
(non ancora il telnet oggi in uso, le cui
specifiche risalgono al 1972).
Questo sistema, però, non costituiva una grande novità
rispetto ai terminali dei mainframe che già erano in
funzione da anni: bisognava trovare un modo per far comunicare
gli host da pari a pari, un qualche insieme di regole condivise
da computer diversi.
Nelle discussioni spuntò l'idea di chiamare queste
regole protocolli. Dopo un anno di lavoro, finalmente
le specifiche per il protocollo di comunicazione tra host
erano pronte: esso fu battezzato NCP (Network
Control Protocol). Poco più tardi venne
sviluppato il primo protocollo applicativo vero e proprio,
dedicato al trasferimento di file da un host all'altro: il
File Transfer Protocol, meglio noto come
FTP.
Ma l'applicazione che forse ebbe la maggiore influenza nell'evoluzione
successiva della rete fu la posta elettronica. L'idea venne
per caso nel marzo del 1972 a un ingegnere della BBN, Ray
Tomlinson, che provò ad adattare un sistema di messaggistica
sviluppato per funzionare su un minicomputer multiutente (fu
lui che ebbe l'idea di separare il nome dell'utente da quello
della macchina con il carattere '@').
L'esperimento funzionò, e il NWG accolse subito l'idea,
integrando nel protocollo FTP le specifiche per mandare e
ricevere messaggi di posta elettronica indirizzati a singoli
utenti. Nel frattempo la rete Arpanet, come veniva ormai ufficialmente
chiamata, cominciava a crescere.
I nodi, nel 1971, erano divenuti quindici e gli utenti alcune
centinaia. Nel giro di pochi mesi tutti coloro che avevano
accesso ad un host iniziarono ad usare la rete per scambiarsi
messaggi. E si trattava di messaggi di tutti i tipi: da quelli
di lavoro a quelli personali.
La
rete dell'ARPA era divenuto un ottimo sistema di comunicazione
tra una comunità di giovani ricercatori di informatica!
Intorno alla posta elettronica crebbe anche il fenomeno del
software gratuito. Infatti ben presto cominciarono ad apparire
programmi (che oggi chiameremmo freeware) per
leggere i messaggi, sempre più raffinati e dotati di
funzionalità evolute, che venivano liberamente distribuiti
mediante FTP.
A questo punto, Larry Roberts decise che era giunto il tempo
di mostrare pubblicamente i risultati conseguiti dal progetto
e affidò a Bob Khan l'organizzazione di una dimostrazione
pubblica. L'evento ebbe luogo nell'ambito della International
Conference on Computer Communications che si tenne nell'ottobre
del 1972.
Fu un successo oltre ogni aspettativa. In quelloccasione
si decise anche di fondare lInternational Network
Working Group, che avrebbe ereditato la funzione di
sviluppare gli standard per la rete Arpanet dal precedente
NWG. La direzione fu affidata a Vinton Cerf, uno dei più
brillanti membri del gruppo della UCLA.
Poco dopo, Cerf, che nel frattempo aveva ottenuto una cattedra
a Stanford, fu contattato da Kahn per lavorare insieme ad
un problema nuovo: come far comunicare tra loro reti basate
su tecnologie diverse?
In quegli anni, infatti, erano stati avviati anche altri esperimenti
nel settore delle reti di computer, alcuni dei quali basati
su comunicazioni radio e satellitari (in particolare va ricordata
la rete Aloha-Net, realizzata dalla University of Hawaii per
collegare le sedi disperse su varie isole, le cui soluzioni
tecniche avrebbero dato lo spunto a Bob Metcalfe per la progettazione
di Ethernet, la prima rete locale).
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